
Ormai, con poco più di 25 anni di carriera alle spalle, possiamo affermare senza ombra di dubbio che Paul Thomas Anderson è uno dei più grandi nomi nella storia del cinema. Lui che è stato enfant prodige, poi totale certezza, ora che non possiamo più definirlo giovane, ma maestro con la M maiuscola, ci permette di riguardare ai suoi film con un quadro chiarissimo di temi, nevrosi, ossessioni e gusti.
Il cinema di PTA è stato da sempre un racconto di personaggi poco normali, certamente poco sicuri, affogati nella propria testardaggine, nel bisogno di rincorrere un desiderio più forte di ogni altra cosa, nel cercare un senso di completezza: che sia un drammatico rapporto padre-figlio, oppure un disperato amore, le due colonne portanti tematiche dei suoi lavori (ancora meglio se ambientati nella Los Angeles degli anni ’70), queste ricerche hanno dato vita a film semplicemente unici.
Un aggettivo che va giustamente sottolineato, poiché nonostante le palesi influenze da Scorsese, Altman, Kubrick, soprattutto a inizio carriera, ora quelle influenze sono state completamente introiettate in uno stile di messa in scena e narrazione completamente personale che fanno di PTA un autore assolutamente intellettuale, anche ostico, anche fortemente artistico, ma capace di momenti assolutamente semplici, empatici, derivati da un gusto personalmente fortemente popolare. Questo rende i suoi film – nessuno brutto, pochissimi possono vantare tale riuscita filmografia – realmente unici.
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