Probabilmente, poche altre registe in attività avrebbero potuto dirigere un biopic su Mary Shelley. La vera scrittrice inglese non aveva nemmeno 20 anni quando tirò fuori dal cilindro un capolavoro come “Frankenstein”. Definirlo un traguardo femminista è dire poco. Haifaa Al-Mansour qualche anno fa con La Bicicletta Verde è diventata la prima regista donna dell’Arabia Saudita, un trionfo storico incommensurabile.
L’interconnessione tra le due figure, però, non porta ad una vera esplorazione della tematica. Mary Shelley, il film in questione, si ricorda del femminismo solo nel terzo atto, quando il traguardo letterario conclude il percorso della sua protagonista. Per i primi due terzi, in realtà, il film è un classico dramma romantico in costume, in cui il tormento sentimentale dei personaggi è la strumento per caratterizzarli.
Non che ci sia nulla di male, ovviamente, e anzi il film funziona. Elle Fanning e Douglas Booth, i due protagonisti, hanno una vera chimica, e soprattutto la prima si conferma un’interprete assolutamente magnetica. Palpabili i loro alti e bassi, comprensibile il dolore delle esperienze personali della scrittrice. L’idea dietro la creazione di “Frankenstein“, la sofferenza e il pensiero di poter riportare in vita persone care che non ci sono più danno una sfumature ancora più interessante al tema della solitudine che regge quel capolavoro letterario.
Il film, in poche parole, avrebbero potuto essere sia un character study sia un inno femminista. Cercando di essere entrambi, perde per strada molta efficacia. Si perde l’aspetto rivoluzionario della vita della vera Mary, una giovane donna che decise contro le convenzioni della società di andare a vivere con un uomo già sposato. Allora, per quanto la presenza Haifaa Al-Mansour sia ideale per capire le ragioni della protagonista, forse al film avrebbe giovato una mano più esperta. Un qualcuno/a in grado di imprimere una cifra stilistica meno scolastica, più cinematografica. Anche meno interessata agli aspetti da teen movie e più capace di scartare le banalità classiche a favore dell’introspezione psicologica. Gli struggimenti romantici ed i patimenti sentimentali funzionano, la passione travolgente dell’amour fou giovanile gonfia i cuori degli spettatori, ma non è mai funzionale a definire il talento di Mary Shelley, o perché tale furore debba integrarsi alla creazione di un’opera letteraria.
Mary Shelley è un film godibile che fa luce su un personaggio fondamentale nella storia della letteratura, e non solo. Ma, anche alla luce dei tempi che viviamo, avrebbe meritato maggiore ribalta e maggiore capacità di incidere nella mente degli spettatori.
fonte: Culturamente
Participants ate this is equally calories at dinner as they had in another phases for the trial.
Even Stephen King got rejected in the past. The majority of it is
mixed with pork, beef, and even poultry. http://S.Zubi.fr/risktablegam
"Mi piace""Mi piace"